Riporto di seguito una mail di Carlo Strozzi che spiega in modo sufficientemente esauriente cosa è successo a Strasburgo il 6 luglio. Segue anche il comunicato stampa ufficiale di FFII.
Ai sigg.ri soci di Italian Linux Society
In qualità di membro dell’Associazione, ed in particolare di persona incaricata dal Consiglio Direttivo di rappresentare ILS in merito alla nota questione della Direttiva Europea sulla brevettabilità del Software, ritengo doveroso informare i soci in merito all’esito di questa annosa vicenda.
E` opportuno premettere che in Europa l’Ufficio Brevetti (EPO – European Patent Office), uniformandosi al suo omologo americano, ha approvato negli ultimi anni almeno 30.000 brevetti riconducibili al puro software, “mascherati” come brevetti tecnologici. Tali brevetti, in massima parte posseduti da grandi aziende non europee, sono scarsamente utilizzabili in tribunale, in quanto concessi in violazione dell’art.52 della Euopean Patent Convention (EPC) di Monaco del 1973.
La vicenda della odierna direttiva nasce come tentativo, in verità di per sè condivisibile, da parte della Commissione Europea di portare chiarezza in questo guazzabuglio brevettuale, attraverso una direttiva che, almeno nelle intenzioni dichiarate, rimarcasse i confini della brevettabilità e ridesse forza e dignità ad un sistema brevettuale a rischio di perdita di credibilità.
Purtroppo, a causa dei forti interessi economici in gioco, la direttiva si rivelò da subito la ghiotta occasione che gli uffici brevetti e gli studi legali delle suddette multinazionali aspettavano per legalizzare i brevetti già concessi, “sbarazzarsi” dei limiti imposti da EPC/52 ed estendere all’Europa il sistema brevettuale già in essere negli USA, con grandi vantaggi economici per pochi ed una quantità incalcolabile di danni per tutti gli altri. Si mise quindi in moto una formidabile e
costosissima macchina lobbistica volta ad ottenere il risultato voluto.
Ma non è mia intenzione in questa sede ripercorrere tutto l’iter della vicenda, e rimando chi non ne conoscesse tutti i risvolti al sito di FFII (www.ffii.org), l’associazione transnazionale che più di ogni altra ha saputo dare voce all’economia Europea del settore ICT nei confronti di questa disastrosa proposta legislativa, che come detto era stata nei fatti formulata dagli uffici brevetti di alcune grandi aziende multinazionali del software, per lo più non europee,
attraverso organizazioni di grandi aziende quali EICTA, BSA ed altre.
Fin dall’inizio l’approccio di FFII è stato costruttivo e non ha puntato al rigetto toute-court della direttiva bensì ad un suo processo emendativo volto a fare sì che essa potesse effettivamente realizzare nei fatti ciò che veniva dichiarato nelle intenzioni. L’obiettivo era cioè quello di cogliere questa opportunità per ottenere un effettivo rafforzamento di EPC/52, chiarendone le ambiguità interpretative e cancellando la potenziale minaccia costituita dai brevetti già
concessi.
Mercoledì 6 Luglio scorso il Parlamento Europeo, riunito in sessione plenaria nella sede di Strasburgo, ha rigettato a larghissima maggioranza la direttiva in oggetto. La conclusione di questa vicenda, iniziata nel 2002 e segnata da un percorso alquanto accidentato, uno dei più accidentati mai subiti da una direttiva nella storia dell’Unione, ha permesso di tirare un grosso sospiro di solievo ai
milioni di piccole e medie imprese (PMI) e di professionisti che in tutta Europa sarebbero stati pesantemente danneggiati da uno smisurato ampliamento dei confini della brevettabilità nel campo del software, come sarebbe accaduto in caso di approvazione della direttiva nella sua forma originale come proposta dalla Commissione e dal Consiglio Europeo.
In allegato vi invio pertanto la press-release ufficiale di FFII, e per parte mia mi limito a fornirvi alcuni dettagli utili per comprendere che cosa in realtà è accaduto il 6 Luglio.
La prima cosa, e forse la più importante da riportare al di là della questione di merito, è che il Parlamento Europeo, unica istituzione Europea eletta direttamente dai cittadini, con la sua decisione ha riportato equilibrio fra i poteri degli organismi dell’Unione, e fra questi ed i singoli governi nazionali. La Commissione e il Consiglio, nel Maggio 2004, successivamente al voto parlamentare dell’autunno 2003 in cui il Parlamento già aveva votato importantissime modifiche alla direttiva, tradendo anche il volere dei governi nazionali che queste istituzioni dovrebbero rappresentare, avevano deciso di ignorare totalmente tale voto riproponendo per la seconda lettura un testo
ancora più criticabile dell’originale, un testo che se approvato avrebbe significato non solo la brevettabilità indiscriminata del software, ma anche dei metodi di business.
Il 6 Luglio scorso le forze pro- e anti-swpat, le prima “capeggiate” dal parlamentare tedesco Klaus Lehne, del PPE ma con ampie ramificazioni trasversali in altri gruppi, e le seconde formate da un gruppo altrettanto vasto e trasversale comprendente il PSE, LIB/DEM, IN/DEM, ALDE, parte del PPE e vari altri, semplificando sulle varie sfumature interne agli schieramenti, avevano come obiettivo ottimale due traguardi opposti:
1) I pro-swpat volevano che la direttiva passasse senza modifiche, o con modifiche minime rispetto al testo originale proposto dalla Commissione, il che avrebbe significato una sostanziale cancellazione di EPC/52 ed il “disco verde” per una brevettabilità molto vicina a quella statunitense, e che proprio negli USA sta ormai producendo gravi danni.
2) Gli anti-swpat, attraverso un pacchetto di emendamenti di compromesso, definiti di “Rocard-Buzek”, puntavano invece ad un rafforzamento di EPC/52 e ad una chiara esclusione del software dall’ambito della brevettabilità.
La cosiddetta “procedura di co-decisione”, ovvero i multeplici passaggi che una direttiva deve subire fra Commissione e Parlamento prima di venire approvata, prevede che in seconda lettura parlamentare affinchè il Parlamento possa introdurre modifiche è necessaria la maggioranza *assoluta* dei parlamentari (ovvero non la semplice maggioranza dei presenti), cioè 367 voti. Ogni assenza o astensione conta a favore del testo proposto dalla Commissione (testo che nel
caso di specie, è bene ribadirlo, era molto diverso da quanto già votato dal parlamento in prima lettura).
Grazie allo strenuo (ed impari) lavoro di lobbying svolto da FFII e da coloro che l’hanno sostenuta, alla vigilia del voto c’era motivo di ritenere che gli emendamenti di Rocark-Buzek potessero godere di un numero di voti pari a 350-380. Il rischio era altissimo, per tutti:
1) Per i pro-swpat, perchè in caso di approvazione anche di un solo emendamento ritenuto non accettabile dalla Commissione si sarebbe avviata la cosiddetta “procedura di conciliazione”, con una eventuale terza lettura, e con ogni probabilità il “fronte Rocard” si sarebbe ampliato anzichè ridotto, grazie alla ormai diffusa consapevolezza sulla questione.
2) Per gli anti-swpat, perchè nel caso non si fosse riusciti ad innescare la conciliazione sarebbe stata approvata la direttiva nella sua forma peggiore, secondo il testo stilato dalla Commissione.
3) Per la stessa Commissione, perchè dopo essersi già una volta fatta beffe del Parlamento ignorandone il voto di prima lettura, qualora fossero passati “buoni” emendamenti avrebbe probabilmente ritirato la proposta di direttiva, dando così un secondo e più sonoro “schiaffo” al parlamento e dando una ulteriore dimostrazione di essere vicina ad interessi poco confessabili. Fatto non secondario, questi “ceffoni” fra istituzioni dell’Unione sono ancor meno “digeribili” oggi rispetto all’epoca della prima lettura, viste le recenti bocciature della proposta di trattato costituzionale europeo da parte di Francia e Olanda, e nei fatti anche dell’Inghilterra.
Ma c’era una terza via: il rigetto da parte del parlamento, via che avrebbe salvato la “capra” dei pro-swpat, i “cavoli” degli anti- ed anche la faccia della Commissione, o quel poco che ne rimaneva.
Poichè il 6 Luglio la mozione di rigetto sarebbe stata posta ai voti per prima, e poichè la massiccia presenza di parlamentari lasciava chiaramente intendere che in caso di non rigetto e di passaggio al voto degli emendamenti si sarebbe dato il via ad una vera e propria “roulette russa”, la via del rigetto apparve a molti, tanto pro-swpat che anti- , come la più sicura via d’uscita. E così è avvenuto,
in un rigetto che ha visto i voti congiunti di forze che lo hanno votato per motivi esattamente opposti. Ed ecco spiegato il motivo per il quale tale rigetto ha raccolto così tanti voti.
I vari gruppi parlamentari, già a seguito delle ultime consultazioni interne della sera precedente il voto, avevano optato per tale via d’uscita, e tale orientamento è stato reso pubblico all’inizio della sessione del 6 Luglio da parte del relatore Michel Rocard. I parlamentari in aula sapevano quindi già dall’inizio che cosa sarebbe accaduto. Alla luce di ciò, vorrei chiarire la posizione di coloro che si sono astenuti dal voto: l’astensione è stata *sulla mozione di rigetto*, non su quella emendativa, alla quale come detto non si è arrivati. E comunque, per quanto su esposto, i parlamentari che hanno deciso di astenersi già sapevano che la loro astensione non avrebbe influito sul risultato, ma avrebbe solo rappresentato un loro segnale “politico” volto a rimarcare come essi fossero contrari al rigetto, ma favorevoli allo scontro sugli emendamenti. Un’astensione, quindi, che per certi versi può essere interpretata come un attegiamento più “purista” del rigetto, ancorchè tecnicamente ininfluente; una accettazione della “Sfida all’OK Corral” costituita dal voto emendativo e dalla conseguente fase di conciliazione.
Anche qui, l’astensione nei due schieramenti è avvenuta quindi per ragioni opposte:
1) Fra i pro-swpat, perchè coloro che si sono astenuti sono quelli che più di altri volevano che la direttiva passasse nella sua forma “peggiore”.
2) Fra gli anti-swpat, perchè coloro che si sono astenuti sono quelli che avrebbero idealmente voluto che la direttiva passasse nella sua forma “migliore”.
Questo per fugare ogni illazione di “doppio-giochismo” che purtroppo qualcuno, poco informato, ha fatto su alcuni astensionisti dello schieramento anti-swpat.
Questo spiega anche il motivo per cui, all’indomani del voto, tant i pro- che gli anti-swpat cantino vittoria:
1) I lobbisti pro-swpat, perchè dopo aver bruciato montagne di soldi ricevuti dai propri “sponsor” (anche 480 euro/ora, per anni, più tutti i costi delle campagne stampa, o altre “sponsorizzazioni” meno confessabili), possono dire: “abbiamo salvato i brevetti software”, visto che resta immutato lo status-quo dei 30.000 brevetti legalmente deboli già concessi, mentre una direttiva “ben emendata” li avrebbe materialmente spazzati via.
2) Il fronte anti-swpat, perchè è riuscito ad evitare il peggio.
E` del tutto evidente però come la “vittoria” dei primi sia “a denti stretti”, perchè lo stesso risultato lo avrebbero ottenuto gratis tre anni fa se non avessero mai messo in cantiere la direttiva. I secondi invece possono gridare “vittoria” molto più forte ed a buon titolo, perchè partendo da posizioni di assoluta inferiorità di mezzi hanno portato per ben due volte il parlamento a bloccare un pericoloso
tentativo di ingerenza negli interessi economici dell’Unione.
Ora, purtroppo/perfortuna rimane lo status-quo. La Commissione ha dichiarato che non presenterà una nuova direttiva, i 30.000 brevetti già concessi dall’EPO continuano ad esserci, e ad essere “deboli”, e l’EPO continuerà a concederne altri, anch’essi deboli ed illegali. E certamente gli enormi interessi economici extra-europei pro-swpat ci riproveranno, probabilmente in modo più subdolo e meno clamoroso, a partire dal prossimo autunno. Ad esempio attraverso qualche norma, dall’aparenza innocua, all’interno di qualche altra direttiva, oppure in altri modi che ancora non conosciamo con certezza. Oppure attraverso la proposta di Brevetto Europeo, già in cantiere da tempo.
In quanto è accaduto non possiamo non denunciare l’inerzia colpevole di molte associazioni di categoria che rappresentano, o si piccano di rappresentare, le PMI del settore, associazioni che in questa vicenda sono state, salvo lodevoli eccezioni, per lo più assenti quando non addirittura a favore degli intreressi opposti a quelli dei propri associati. Consiglio a tutti i soci che sono professionalmente impegnati nel settore informatico di contattare i propri rappresentati di categoria, chiedendo loro di ciò che (non) hanno fatto per evitare il peggio. E corre altresì l’obbligo di ricordare come Confindustria,
adducendo a motivo la produzione di piastrelle i la contraffazione di capi d’abbigliamento, e ben lungi dal fare autocritica su cosa essa stia facendo per contrastare la dirompente concorrenza cinese in tutti i settori dell’economia, si sia schierata senza mezzi termini a favore del fronte pro-swpat, rischiando così di dare una ulteriore grossa mano ai cinesi per “farci fuori” anche nel setore ICT, dove grandi aziende cinesi depositano, nei *nostri* uffici brevetti, decine di
migliaia di brevetti software ogni anno, in attesa che questi possano venire legalmente contestati in tribunale.
Per quanto quindi una importantissima battaglia sia stata vinta, laguerra non è finita. Quest’ultima finirà solo quanto l’EPO smetterà di essere un organismo che si muove in modo del tutto scollegato dalle istituzioni europee, un potere in sè stesso al di fuori di ogni controllo democratico, le cui emanazioni finiscono però con l’incidere così fortemente sul tessuto economico dell’Unione. Fintanto
che questo non accadrà, ciò che oggi è stato sbattuto a calci fuori dalla porta potrà rientrare dalla finestra in modo ancor più pericoloso e devastante. Solo allora le PMI e gli sviluppatori indipendenti, sia di software libero che di software proprietario, potranno sentirsi veramente liberi dalla minaccia dei brevetti software e potranno serenamente dedicarsi a ciò che sanno fare meglio: produrre innovazione e competere sul piano della qualità e dei prezzi, in un
panorama di libera interoperabilità, aumentando i gradi di liberà e le possibilità di scelta per gli utenti finali, e dando nuovo lustro all’industria del software in Europa.
Per il momento quindi appendiamo le armi al chiodo e godiamoci le meritare ferie, ma da Ottobre si ricomincia.
-cs
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Software Patents kill Innovation: say NO to Software Patents!
I Brevetti Software uccidono l’innovazione: di NO ai Brevetti Software!
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Il Parlamento Europeo dice no ai brevetti software, sì all’innovazione
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Strasburgo, 6 luglio 2005 — Il Parlamento Europeo oggi ha deciso a larga
maggioranza di rigettare la direttiva sui brevetti software. Il rigetto Ã
stato la logica risposta al rifiuto da parte della Commissione di
ricominciare il processo legislativo in febbraio e la riluttanza del Consiglio
a imbastire qualsiasi tipo di dialogo col Parlamento. La FFII si congratula
con il Parlamento Europeo per il suo chiaro “no” a pessime proposte
legislative e procedure.
Questa à una grande vittoria per coloro che hanno condotto la campagna per
garantire che l’innovazione europea e la competitività siano protette dalla
minaccia dei brevetti sul software e sui processi logici. Segna la fine
di questo tentativo della Commissione Europea di codificare in legge la
pratica in stile USA dell’Ufficio Brevetti Europeo. Crediamo che il lavoro
del Parlamento, in particolare i 21 emendamenti di compromesso, fornisca
delle buone basi sulle quali costruire i progetti legislativi futuri.
Tale rigetto ci offre un momento di respiro necessario per nuove iniziative
basate su tutta la conoscenza accresciuta durante gli ultimi cinque anni.
Tutte le istituzioni sono ora pienamente consapevoli delle preoccupazioni
di tutte le parti in causa. Comunque, il fatto che la Posizione Comune del
Consiglio avesse bisogno di 21 emendamenti per esser trasfromata in un
pezzo coerente di legislazione indica che tale testa non era semplicemente
pronto per entrare in Conciliazione tra Parlamento, Commissione e Consiglio.
Speriamo che la Commissione e il Consiglio almeno rispondano alle preoccupazioni
sollevate dal Parlamento la prossima volta, in modo da evitare questo genere
di reazione violenta in futuro.
Jonas Maebe, Membro del Consiglio di FFII, commenta così il risultato del voto
di oggi:
“Questo risultato mostra chiaramente che un’accurata analisi, cittadini
realmente preoccupati e informazioni basate sui fatti, hanno più impatto
di gelati gratuiti, barcate di lobbyisti noleggiati e minacce provenienti da
terze parti. Spero che questo volgere degli eventi possa dare alla gente
nuovamente fiducia nel processo decisionale dell’Unione Europea. Spero anche
che incoraggi il Consiglio e la Commissione a rifarsi al Parlamento Europeo
in quanto a trasparenza e abilità degli interlocutori nel partecipare ai
processi decisionali indipendentemente dalla dimensione di questi.”.
La FFII desidera ringraziare tutte quelle persone che hanno trovato il tempo di
contattare i propri rappresentanti. Vogliamo inoltre ringraziare i numerosi
volontari che hanno così generosamente speso il loro tempo e le loro energie.
Questa à la vostra vittoria tanto come lo à del Parlamento.
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Informazioni ulteriori
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Gelato gratis per la brevettabilitÃ
http://wiki.ffii.org/CampIcecream050601En
I lobbysti dei brevetti software aggiungono le barche al loro arsenale
http://lists.ffii.org/pipermail/news/2005-July/000297.html
Immagini delle imbarcazioni
http://gallery.ffii.org/Strasbourg050705
Link a questo comunicato stampa
http://wiki.ffii.org/PrReject050706En
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Contatti
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Hartmut Pilch e Holger Blasum
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Dieter Van Uytvanck
FFII BE
dietvu at village.uunet.be
+32-499-167010
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Cos’Ã FFII — http://www.ffii.org
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dell’alfabetizzazione informatica. La FFII sostiene lo sviluppo degli strumenti
per la pubblica informazione basati su copyright, libera competizione, standard
aperti. Più di 600 membri, 300 aziende e 90000 sostenitori hanno dato fiducia a
FFII per agire a loro nome sulle questioni di politica pubblica concernenti
i diritti di esclusione (proprietà intellettuale) nell’informatica.
La FFII mantiene uffici a Monaco di Baviera e a Bruxelles, e gruppi nazionali di
sostenitori nella maggior parte dei Paesi europei.